Categoria: Curiosità
Passione di Gesù a S Angelo Romano 2023
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Via Crucis IN PARR.
MESSAGGIO PER LA QUARESIMA 2023
Preghiera per la pace e per L’Ucraina
4. musica live
Adorazione Eucaristica proposta
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Diocesi Tivoli
Figura del Padrinato
Nota sul Padrinato
Manifesto cresime comunioni 1*turno 2022
28 domenica
Apertura anno pastorale 2022 2023 nella diocesi di Tivoli
Diocesi TIVOLI


Cat Diocesi di Tivoli 22-23
Catechesi Diocesi Tivoli 2022-23
Domenica 18 TO
SANTISSIMA TRINITA’
Nella vita di ogni uomo vi è un percorso graduale di conoscenza umana, intellettuale, spirituale. Se a 5 anni ci avessero insegnato gli algoritmi o le poesie di leopardi non avremmo capito nulla. Questo vale anche per il percorso spirituale .Gesù non ha insegnato subito chi era Dio, ma è partito dalla vita di ogni giorno per spiegare la parola di Dio e poi attraverso i suoi insegnamenti, i suoi miracoli, la sua morte e risurrezione ha trasmesso agli apostoli e ai primi credenti una delle verità più grandi del nostro credo, che cioè Lui era il Figlio di Dio fatto uomo per salvarci. Cosi il mistero più grande della nostra fede, cioè che Dio è trinità di persone in un solo Dio, è stato rivelato e manifestato gradualmente da Gesù, ma approfondito, ed elaborato dalla chiesa attraverso i secoli, grazie all’assistenza e alla guida continua dello Spirito Santo. Ecco perchè Gesù dice nel vangelo di oggi :”: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.””Gv 16,12-15″
In questa domenica dedicata al mistero della Santissima Trinità, vorrei condividere con voi solo un immagine che ci puo aiutare a comprendere e amare un pochino il nostro Dio . Dio non è un essere solitario, ma un Dio che è per essenza Amore Agapico, cioè incondizionato, vero, gratuito , infinito. Il Padre ama il Figlio, il Figlio Ama il Padre e l’Amore tra il Padre e il Figlio è l’Amore di Dio che si chiama Spirito Santo. Sono tre persone e un solo Dio, perchè insieme, amano, insieme creano, insieme salvano l’umanità, insieme santificano.
L’immagine più vicina sulla terra alla Santissima Trinità è la famiglia, Quando l’amore è vero tra gli sposi e tra i genitori e il figlio , queste tre persone diventano una cosa sola pur essendo distinte, perchè si Amano e agiscono l’uno per il bene dell’altro . Nella fede è necessario usare mente, cuore e spirito per vivere ed entrare in questa comunione d’amore. Il centro della nostra fede è la Santissima Trinità, non i santi ..I santi sono intercessori, amici e compagni di viaggio che ci aiutano ad amare Dio .Amiamo, e adoriamo il nostro Dio e vivremo già sulla terra un paradiso anticipato, con il cuore pieno di pace, ma soprattutto vivremo bene anche le nostre relazioni.
Dio vi benedica Buona domenica
Viva la Santissima Trinità
Catechesi – Materiale
SOVVENIRE -UNITI POSSIAMO
via crucis s angelo romano ufficiale testo
Nota processioni 2022
Diocesi di Tivoli e di Palestrina
UFFICIO LITURGICO DIOCESANO
Facendo seguito a quanto stabilito con il Vescovo, questo Ufficio si pregia di comunicare quanto segue.
Dato il miglioramento della condizione sanitaria Covid-19, è parso opportuno dare alle comunità la possibilità di riprendere gradualmente le processioni, visto l’approssimarsi dei venerdì di quaresima con il Pio esercizio della via Crucis, la Domenica delle Palme, il Venerdì Santo dove, successivamente all’Azione Liturgica di quel giorno segue la cosiddetta “Processione del Cristo Morto”, le processioni mariane o di Santi che da dopo Pasqua si svolgono in molte delle nostre comunità. Si raccomanda però di ascoltare il parere delle autorità civili competenti, così come si raccomanda a tutti i partecipanti di indossare la mascherina seppur si è all’aperto, e il distanziamento (ulteriore occasione per dare ordine alle processioni). È opportuno, inoltre, rivedere eventualmente il percorso delle stesse processioni qualora risultasse troppo lungo. Infine, si ricorda a tutti i sacerdoti che siano loro insieme alle comunità parrocchiali ad organizzare tali atti pubblici di fede, e non associazioni, Comitati o Pro Loco. Le processioni sono momenti liturgici che manifestano la fede di una comunità cristiana. Si richiamano, quindi, brevemente alcuni punti del Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia al fine di aiutare tutti a vivere in maniera seria questi momenti.
Dal Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia
della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (2002)
«Nella processione, espressione cultuale di carattere universale e di molteplice valenza religiosa e sociale, il rapporto tra Liturgia e pietà popolare acquista particolare rilievo. La Chiesa, ispirandosi a modelli biblici (cfr. Es 14, 8-31; 2 Sam 6, 12-19; 1Cor 15, 25-16, 3), ha istituito alcune processioni liturgiche, le quali presentano una variegata tipologia.» (245)
«Dal punto di vista liturgico si dovranno orientare le processioni, anche quelle di carattere più popolare, verso la celebrazione della Liturgia: presentando il percorso da chiesa a chiesa come cammino della comunità vivente nel mondo verso la comunità che dimora nei cieli; provvedendo che sia svolta sotto la presidenza ecclesiastica, onde evitare manifestazioni irrispettose e degenerative; istituendo un momento di preghiera iniziale * in cui non manchi la proclamazione della Parola di Dio; valorizzando il canto, preferibilmente dei salmi e l’apporto di strumenti musicali; suggerendo di portare in mano, durante il percorso, ceri e lampade accese; prevedendo delle soste, le quali, per il loro alternarsi ai tempi di marcia, danno l’immagine stessa del cammino della vita; concludendo la processione con una preghiera dossologica a Dio, fonte di ogni santità e con la benedizione impartita dal Vescovo, dal presbitero o dal diacono».
« Dal punto di vista antropologico, si dovrà evidenziare il significato della processione quale “cammino compiuto assieme”: coinvolti nello stesso clima di preghiera, uniti nel canto, volti all’unica meta, i fedeli si scoprono solidali gli uni con gli altri, determinati a concretizzare nel cammino della vita gli impegni cristiani maturati nel percorso» (247).
Si suggerisce che, di norma e secondo le disposizioni liturgiche, nelle nostre Diocesi la processione (in particolare quelle mariane e quelle dei Santi) sia preceduta dalla celebrazione eucaristica, dalla cui fonte sgorga ogni altra azione cultuale e si vigili attentamente che i fedeli siano richiamati a partecipare attivamente alla celebrazione e, solo successivamente, alla processione, così da instillare nel cuore dei fedeli il giusto orientamento della fede, anzitutto verso la presenza reale di Cristo e, solo poi, verso le devozioni popolari che hanno nel mistero di Cristo il loro unico motivo di sussistenza.
Altri suggerimenti:
Il presbitero che presiede la processione può indossare il piviale del colore liturgico del giorno o del colore adatto al carattere liturgico della processione. Si curi che le vesti liturgiche indossate per la processione siano dignitose e indossate con riverenza. Si eviti l’uso della casula per la processione, essendo quel paramento proprio della sola celebrazione eucaristica.
Si informino le bande musicali che eventualmente dovessero prestare servizio durante la processione, di eseguire soltanto musica sacra, durante il percorso della stessa; a questa musica può essere associato il canto della comunità in cammino, con una voce guida, e con l’utilizzo di un buon sistema di amplificazione. Le marce o la musica profana si utilizzino solo a processione conclusa e fuori da ogni condizione di preghiera.
Si invitino i portatori e i membri della confraternita che, anche se recano pesanti macchine processionali o strumenti devozionali, abbiano un contegno dignitoso nel percorso della processione, senza parlare a voce alta, senza disordine nel procedere, senza disorientare la preghiera del popolo e offrendo una testimonianza di fede anche nel loro servizio. Il Parroco può prevedere uno o più momenti organizzativi previ alla processione, durante i quale dare queste ed altre istruzioni opportune ai membri delle confraternite o ai responsabili delle associazioni legate alla processione ed offrire opportune catechesi.
Tivoli, 02/03/2022 don LudovicoBorzi e don Dario Giustini
Sinodo e Papa F
Sinodo materiale ottobre 2021
Notizie
Tivoli
Crisma
Omelia 2021
OMELIE IN PDF
Domenica della Parola 2021

San Biagio 2021 in tempi di COVID
Lettera di Avvento del Vescovo Mauro 2020
Domenica della Trinità
Don eugenio de Nicola

Papa Francesco mese di Maggio
In ricordo mons luigi Boncori

San Giovanni Paolo


Decreto del vescovo Mauro
Avviso


omelia
L’evangelista Matteo è un grande teologo e probabilmente è lui lo scriba che, come ha detto Gesù, dal suo tesoro tira fuori cose nuove e cose antiche. Nel presentare la figura di Giuseppe, il padre di Gesù, con grande abilità l’evangelista fonde in questo personaggio grandi liberatori della storia di Israele: Giuseppe, il figlio di Giacobbe, quello che era stato venduto dai fratelli, che salvò la sua famiglia portandola in Egitto, e Mosè, il grande liberatore, che salvò il suo popolo portandolo via dall’Egitto.
Ma vediamo cosa ci scrive l’evangelista, al capitolo 2 del suo vangelo, dal versetto 13. “Essi erano appena partiti” – si tratta dei Magi – “quando un angelo del Signore”, ecco entra in azione l’angelo del Signore: una formula che indica non un angelo inviato dal Signore, ma Dio stesso quando entra in comunicazione con gli uomini. In questo vangelo appare in tre momenti importanti: per annunziare la vita di Gesù, per difenderla, come vediamo ora, dalle trame omicide del re Erode, e, al momento della risurrezione, per confermare che la vita,
quando viene da Dio, è indistruttibile.
“Quando un angelo del Signore apparve in sogno Giuseppe”, ecco l’evangelista parla dei sogni a Giuseppe come i sogni del patriarca, l’uomo dei sogni, come è scritto nel libro della Genesi. “E gli disse: àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò. Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Perché questo? Erode era un re illegittimo, non aveva sangue giudaico nelle sue vene ed era ossessionato che qualcuno gli potesse toglierle il trono, al punto che arrivò ad uccidere ben una decina dei familiari e addirittura tre figli, l’ultimo dei quali qualche giorno prima di morire. Ma l’evangelista, sotto la figura di Erode, vuole raffigurare quella del faraone che ordinò la strage di tutti i bambini maschi del popolo ebraico e, per un intervento divino, si salvò Mosè.
“Egli si alzò nella notte” – come la notte di Pasqua, la notte della liberazione – “prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto”. Quindi, come Giuseppe il patriarca portò la sua famiglia in salvo in Egitto, così Giuseppe il padre di Gesù. E continua l’evangelista che “Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse”, e qui l’evangelista non fa altro che prendere letteralmente la citazione dal libro dell’Esodo, di quello che è scritto di Mosè, quando il Signore disse a Mosè in Madian – è il capitolo quarto del libro della Genesi – “Va, torna in Egitto perché sono morti quanti insidiavano la tua vita. Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto”. È esattamente quello che l’evangelista scrive ora “L’angelo del Signore disse: àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, va nella terra di Israele”.
Nella terra di Israele ormai non ci dovrebbero essere problemi, forse, “Sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino. Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra di Israele. Ma quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao”, quando morì Erode il Grande, la regione fu smembrata e divisa: ad Archelao toccò in sorte la Giudea, la Samaria e l’Idumea, a Erode Antipa, il re che poi vedrà le gesta di Gesù, la Galilea e la Perea; infine all’altro figlio, a Filippo, tutta la parte a oriente e nord del lago.
“Archelao regnava al posto di suo padre Erode”, regnare al posto di suo padre significa che era un assassino come il padre; infatti Archelao iniziò il suo regno con una strage di ben tremila ebrei, “ebbe paura di andarvi”. Il potere è sempre assassino. Di fronte ai doni di Dio il potere risponde sempre con il terrore. “Avvertito poi in sogno” – di nuovo tornano i sogni di Giuseppe – “si ritirò”, e qui l’evangelista incomincia a presentare la luce che splende nelle tenebre. Infatti “si ritirò nella regione della Galilea”. Mentre la Giudea deve il nome a Giuda, uno dei patriarchi di Israele, questa regione al nord, al confine con i pagani, era talmente
disprezzata che il profeta Isaia, nel capitolo 8, volendo indicarla disse “Il distretto dei gentili”, cioè il distretto dei pagani. Distretto in ebraico si dice galîl (fonetico), da cui Galilea. Quindi una zona oscura, “E andò ad abitare in una città chiamata Nazareth”. Mai citata nei testi della bibbia, non godeva di buon nome. Nel vangelo di Giovanni sappiamo la risposta scettica di Natanaele quando gli dicono che Gesù viene da Nazareth e lui dice “Ma da Nazareth può venire qualcosa di buono?”. Quindi l’avventura di Gesù nasce nel mondo oscuro, è la luce che splende nelle tenebre.
L’evangelista Matteo è un grande teologo e probabilmente è lui lo scriba che, come ha detto Gesù, dal suo tesoro tira fuori cose nuove e cose antiche. Nel presentare la figura di Giuseppe, il padre di Gesù, con grande abilità l’evangelista fonde in questo personaggio grandi liberatori della storia di Israele: Giuseppe, il figlio di Giacobbe, quello che era stato venduto dai fratelli, che salvò la sua famiglia portandola in Egitto, e Mosè, il grande liberatore, che salvò il suo popolo portandolo via dall’Egitto.
Ma vediamo cosa ci scrive l’evangelista, al capitolo 2 del suo vangelo, dal versetto 13. “Essi erano appena partiti” – si tratta dei Magi – “quando un angelo del Signore”, ecco entra in azione l’angelo del Signore: una formula che indica non un angelo inviato dal Signore, ma Dio stesso quando entra in comunicazione con gli uomini. In questo vangelo appare in tre momenti importanti: per annunziare la vita di Gesù, per difenderla, come vediamo ora, dalle trame omicide del re Erode, e, al momento della risurrezione, per confermare che la vita,
quando viene da Dio, è indistruttibile.
“Quando un angelo del Signore apparve in sogno Giuseppe”, ecco l’evangelista parla dei sogni a Giuseppe come i sogni del patriarca, l’uomo dei sogni, come è scritto nel libro della Genesi. “E gli disse: àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò. Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Perché questo? Erode era un re illegittimo, non aveva sangue giudaico nelle sue vene ed era ossessionato che qualcuno gli potesse toglierle il trono, al punto che arrivò ad uccidere ben una decina dei familiari e addirittura tre figli, l’ultimo dei quali qualche giorno prima di morire. Ma l’evangelista, sotto la figura di Erode, vuole raffigurare quella del faraone che ordinò la strage di tutti i bambini maschi del popolo ebraico e, per un intervento divino, si salvò Mosè.
“Egli si alzò nella notte” – come la notte di Pasqua, la notte della liberazione – “prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto”. Quindi, come Giuseppe il patriarca portò la sua famiglia in salvo in Egitto, così Giuseppe il padre di Gesù. E continua l’evangelista che “Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse”, e qui l’evangelista non fa altro che prendere letteralmente la citazione dal libro dell’Esodo, di quello che è scritto di Mosè, quando il Signore disse a Mosè in Madian – è il capitolo quarto del libro della Genesi – “Va, torna in Egitto perché sono morti quanti insidiavano la tua vita. Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull’asino e tornò nella terra d’Egitto”. È esattamente quello che l’evangelista scrive ora “L’angelo del Signore disse: àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, va nella terra di Israele”.
Nella terra di Israele ormai non ci dovrebbero essere problemi, forse, “Sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino. Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra di Israele. Ma quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao”, quando morì Erode il Grande, la regione fu smembrata e divisa: ad Archelao toccò in sorte la Giudea, la Samaria e l’Idumea, a Erode Antipa, il re che poi vedrà le gesta di Gesù, la Galilea e la Perea; infine all’altro figlio, a Filippo, tutta la parte a oriente e nord del lago.
“Archelao regnava al posto di suo padre Erode”, regnare al posto di suo padre significa che era un assassino come il padre; infatti Archelao iniziò il suo regno con una strage di ben tremila ebrei, “ebbe paura di andarvi”. Il potere è sempre assassino. Di fronte ai doni di Dio il potere risponde sempre con il terrore. “Avvertito poi in sogno” – di nuovo tornano i sogni di Giuseppe – “si ritirò”, e qui l’evangelista incomincia a presentare la luce che splende nelle tenebre. Infatti “si ritirò nella regione della Galilea”. Mentre la Giudea deve il nome a Giuda, uno dei patriarchi di Israele, questa regione al nord, al confine con i pagani, era talmente
disprezzata che il profeta Isaia, nel capitolo 8, volendo indicarla disse “Il distretto dei gentili”, cioè il distretto dei pagani. Distretto in ebraico si dice galîl (fonetico), da cui Galilea. Quindi una zona oscura, “E andò ad abitare in una città chiamata Nazareth”. Mai citata nei testi della bibbia, non godeva di buon nome. Nel vangelo di Giovanni sappiamo la risposta scettica di Natanaele quando gli dicono che Gesù viene da Nazareth e lui dice “Ma da Nazareth può venire qualcosa di buono?”. Quindi l’avventura di Gesù nasce nel mondo oscuro, è la luce che splende nelle tenebre.
“Perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti” – e qui si vede la grande abilità di Matteo, il grande scriba, il grande teologo – “sarà chiamato Nazareno”. Letteralmente l’evangelista scrive Nazoreo (fonetico) perché fonde tre termini diversi: uno, il primo, è neser (fonetico), che significa “il virgulto”, e viene preso dal capitolo 11 del profeta Isaia, nella profezia “Un virgulto spunterà dalle sue radici”, dalle radici del padre di Davide; l’altro è il termine nazir (fonetico), che significa “consacrato”, l’uomo che vive per Dio, e infine naturalmente il nome di Nazareth. Quindi questa pagina è un grande capolavoro di letteratura, di teologia e di spiritualità e il significato è: Dio sta sempre a fianco del suo popolo e Dio sempre susciterà nuovi liberatori della sua famiglia

Avviso settembre 2019
Pastorale 2019-20
Oratorio un mondo di emozioni 2019 oratorio SAR
Dall’Avvenire edizione diocesana Tiburtina
manifesto oratorio 2018-19
manifesto oratorio
Natale 2017
Comunicazione per la catechesi ❄️⛪️❄️💫
Domenica 24 dicembre come ogni domenica il catechismo ci sarà …ci vediamo alle 10.15 per fare la catechesi con tutti i gruppi …Natalino insieme🎄🎊❄️⛪️❄️🎊💫
testi utili
apertura dell’anno pastorale
PARROCCHIA SANTA MARIA e SAN BIAGIO
VIA DELLE TORRI n.16
SANT’ANGELO ROMANO 00010 Rm.
TEL. 0774420380
E-MAIL: parr.sangelorum@alice.it
Don Adrian, Consiglio Pastorale
Anche quest’anno iniziamo il nostro percorso pastorale presentandovi il calendario pastorale e insieme ad esso sollecita la vostra partecipazione alla vita della parrocchia e alla sua organizzazione.
La Chiesa la società. in questo momento guardano con attenzione, a tutti i segni di speranza che il Signore ci invita, per assicurarci che Lui non ci ha abbandonati, ma ci segue con amore anche in questi tempi inquietante di sofferenza è tanto odio, che circondano le nostre case, e aggrediscono i nostri ideali più belli.
Senz’altro la parrocchia è riconosciuta, ovunque, come segno di speranza e ci invita ad avere fiducia sempre e comunque nel Signore e presentare tutte le nostre opere come dono della provvidenza di Dio.
Non lasciamoci dunque sopraffare da sentimenti di scoraggiamento e di sconfitta, raccogliamo quelle croci che attraversano la nostra vita come occasione di purificazione e motivo di incontro con Cristo, che ancora oggi, attraverso il mondo, con una croce non più strumento di morte ma di salvezza.
La preghiera comunitaria fatta in parrocchia frequentemente, sia l’anima e il segno distintivo di questa nostra speranza.
La vergine Maria possa essere dovunque la stella del mattino, che sorge nei momenti di difficoltà per assicurarci la protezione all’intervento divino.
La gioia e l’abbraccio benedicente di San Biagio, Santa Liberata, il nostro arcangelo Michele ci accompagnino nella vita quotidiana, nella certezza che uno può dire, che Dio è con me.
Il Signore ci dia la sua pace e la sua benedizione.
Come sempre il nostro ringraziamento.
Ossequio a tutti voi.
Il Parroco Don Adrian e il consiglio pastorale
,
PARROCCHIA DI SANTA MARIA E SAN BIAGIO
ISCRIZIONE ALL’ANNO CATECHISTICO _______________________
IO _________________________________________
GENITORE DEL BAMBINO/A O RAGAZZO/A
NATO/A A __________________________________IL ________________________________
RESIDENTE IN VIA/PIAZZA ________________________________________________________
TEL.____________________________________CELL._____________________________________
CHIEDO
CHE MIO/A FIGLIO/A VENGA ISCRITTO AL CATECHISMO PARROCCHIALE PER L’ANNO ____________NEL GRUPPO _____________________________E M’IMPEGNO AFFINCHÈ LA SUA PRESENZA SIA ASSIDUA, AL CATECHISMO E ALLA MESSA DOMENICALE.
INOLTRE
DICHIARO CHE SOTTO LA MIA PERSONALE RESPONSABILITÀ MIO/A FIGLIO/A AL TERMINE DI OGNI INCONTRO DI CATECHISMO PUÓ:
TORNARE A CASA DA SOLO/A
SARÀ ATTESO/A ALL’USCITA DEL LOCALE DELL’ORATORIO DA ME O DA PERSONA DI MIA FIDUCIA
DICHIARO CHE SOTTO MIA TOTALE RESPONSABILITÀ MIO/A FIGLIO/A PUÓ USCIRE DAI LOCALI DELL’ORATORIO INSIEME ALLE CATECHISTE PER TUTTE LE ATTIVITÀ DA SVOLGERE FUORI DALLA PARROCCHIA.
PERTANTO
LIBERO DA OGNI RESPONSABILITÀ DI QUALSIASI NATURA E GENERE, IL PARROCO E LE CATECHISTE DI SANT’ANGELO ROMANO NEI CONFRONTI DI MIO/A FIGLIO/A UNA VOLTA USCITO DAI LOCALI PARROCCHIALI IN POI.
SUGGERIMENTI O NOTE:
IL BAMBINO/A O RAGAZZO/A HA PROBLEMI SANITARI IMPORTANTI? SI NO
SE È SI SPECIFICARE ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________.
È PREVISTO UN CONTRIBUTO DI € 10, PER LE NECCESSITA DELLA PARROCCHIA AL MOMENTO DELL’ISCRIZIONE.
Data ____________________________
Firma di un genitore
__________________________________
OMELIE ….
Era stata una giornata molto impegnativa. Quella cena con Etan era il coronamento di mesi di duro lavoro. La campagna pubblicitaria era piaciuta al Cliente che si era convinto a firmare per altri quattro anni di partnership. Si trattava di un grosso Cliente e di una campagna da migliaia e migliaia di dollari. La promozione […]
festa di s liberata e s michele
Sorgente: festa di s liberata e s michele
Giovedì santo
SCHEMA GENERALE PER L’ESAME DI COSCIENZA
SCHEMA GENERALE PER L’ESAME DI COSCIENZA
1. Mi accosto al Sacramento della Penitenza per un sincero desiderio di puri cazione, di conversione, di rinnovamento di vita e di più intima amicizia con Dio, o lo considero piuttosto come un peso, che solo rara- mente sono disposto ad addossarmi?
2. Ho dimenticato o, di proposito, ho taciuto peccati gravi nella confes- sione precedente o nelle confessioni passate?
3. Ho soddisfatto alla penitenza che mi è stata imposta? Ho riparato i torti da me compiuti? Ho cercato di mettere in pratica i propositi fatti per emendare la mia vita secondo il Vangelo?
Alla luce della parola di Dio, ognuno esamini se stesso.
I. Il Signore dice: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore».
1. Il mio cuore è davvero orientato a Dio; posso dire di amarlo davvero sopra tutte le cose e con amore di glio, nell’osservanza fedele dei suoi co- mandamenti? Mi lascio troppo assorbire dalle cose temporali? È sempre retta la mia intenzione nell’agire?
2. È salda la mia fede in Dio, che nel Figlio suo ha rivolto a noi la sua parola? Ho dato la mia piena adesione alla dottrina della Chiesa? Ho avuto a cuore la mia formazione cristiana, ascoltando la parola di Dio, parte- cipando alla catechesi, evitando tutto ciò che può insidiare la fede? Ho professato sempre con coraggio e senza timore la mia fede in Dio e nella Chiesa? Ho tenuto a dimostrarmi cristiano nella vita privata e pubblica?
3. Ho pregato al mattino e alla sera? E la mia preghiera è un vero collo- quio cuore a cuore con Dio, o è solo una vuota pratica esteriore? Ho sapu- to o rire a Dio le mie occupazioni, le mie gioie e i miei dolori? Ricorro a lui con ducia anche nelle tentazioni?
4. Ho riverenza e amore verso il nome santo di Dio, o l’ho o eso con la bestemmia, col falso giuramento, col nominarlo invano? Sono stato irri- verente verso la Madonna e i Santi?
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5. Santi co il giorno del Signore e le feste della Chiesa, prendendo parte con partecipazione attiva, attenta e pia alle celebrazioni liturgiche, e spe- cialmente alla Santa Messa? Ho evitato di esercitare lavoro non necessario nei giorni festivi? Ho osservato il precetto della confessione almeno an- nuale e della comunione pasquale?
6. Ci sono per me «altri dei», cioè espressioni o cose delle quali mi inte- resso o nelle quali ripongo ducia più che in Dio, per es.: ricchezza, super- stizioni, spiritismo e altre forme di magia?
II. Il Signore dice: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi».
1. Amo davvero il mio prossimo, oppure abuso dei miei fratelli, serven- domi di loro per i miei interessi e riservando ad essi un trattamento che non vorrei fosse usato nei miei confronti? Ho dato scandalo con le mie parole o le mie azioni?
2. Nella mia famiglia, ho contribuito con pazienza e con vero amore al bene e alla serenità degli altri?
Per i singoli componenti della famiglia:
– Per i gli. Sono stato obbediente ai genitori, li ho rispettati e onorati? Ho prestato loro aiuto nelle necessità spirituali e materiali? Mi sono im- pegnato nella scuola? Ho rispettato le autorità? Ho dato buon esempio in ogni situazione?
– Per i genitori. Mi sono preoccupato dell’educazione cristiana dei gli? Ho dato loro buon esempio? Li ho sostenuti e diretti con la mia autorità?
– Per i coniugi. Sono stato sempre fedele negli a etti e nelle azioni? Ho avuto comprensione nei momenti di inquietudine?
3. So dare del mio, senza gretto egoismo, a chi è più povero di me? Per quanto dipende da me, difendo gli oppressi e aiuto i bisognosi? Oppure tratto con su cienza o con durezza il mio prossimo, specialmente i pove- ri, i deboli, i vecchi, gli emarginati, gli immigrati?
4. Mi rendo conto della missione che mi è stata a data? Ho partecipato alle opere di apostolato e di carità della Chiesa, alle iniziative e alla vita della parrocchia? Ho pregato e o erto il mio contributo per le necessità
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della Chiesa e del mondo, per es. per l’unità della Chiesa, per l’evangeliz- zazione dei popoli, per l’instaurazione della giustizia e della pace?
5. Ho a cuore il bene e la prosperità della comunità umana in cui vivo o mi curo soltanto dei miei interessi personali? Partecipo, per quanto posso, alle iniziative che promuovono la giustizia, la pubblica moralità, la con- cordia, le opere di bene cenza? Ho compiuto i miei doveri civili? Ho pa- gato regolarmente le tasse?
6. Sono giusto, impegnato, onesto nel lavoro, volenteroso di prestare il mio servizio per il bene comune? Ho dato la giusta mercede agli operai e a tutti i sottoposti? Ho osservato i contratti e tenuto fede alle promesse?
7. Ho prestato alle legittime autorità l’obbedienza e il rispetto dovuti?
8. Se ho qualche incarico o svolgo mansioni direttive, bado solo al mio tornaconto o mi impegno per il bene degli altri, in spirito di servizio?
9. Ho praticato la verità e la fedeltà, oppure ho arrecato del male al pros- simo con menzogne, calunnie, detrazioni, giudizi temerari, violazione di segreti?
10. Ho attentato alla vita e all’integrità sica del prossimo, ne ho o eso l’onore, ne ho danneggiato i beni? Ho procurato o consigliato l’aborto? Ho taciuto in situazioni dove potevo incoraggiare al bene? Nella vita matri- moniale sono rispettoso dell’insegnamento della Chiesa circa l’apertura alla vita e al rispetto di essa? Ho agito contro la mia integrità sica (ad es.: sterilizazzione)? Sono stato sempre fedele anche con la mente? Ho serbato odio? Sono stato rissoso? Ho pronunziato insulti e parole o ensive, fo- mentando screzi e rancori? Ho colpevolmente ed egoisticamente omesso di testimoniare l’innocenza del prossimo? Guidando la macchina o utiliz- zando altri mezzi di trasporto ho esposto al pericolo la mia vita o quella degli altri?
11. Ho rubato? Ho ingiustamente desiderato la roba d’altri? Ho danneg- giato il prossimo nei suoi averi? Ho restituito quanto ho sottratto e ho riparato i danni arrecati?
12. Se ho ricevuto dei torti, mi sono dimostrato disposto alla riconcilia- zione e al perdono per amore di Cristo, o serbo in cuore odio e desiderio di vendetta?
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III. Cristo Signore dice: «Siate perfetti come il Padre».
1. Qual è l’orientamento fondamentale della mia vita? Mi faccio animo con la speranza della vita eterna? Ho cercato di ravvivare la mia vita spi- rituale con la preghiera, la lettura e la meditazione della parola di Dio, la partecipazione ai sacramenti? Ho praticato la morti cazione? Sono stato pronto e deciso a stroncare i vizi, a soggiogare le passioni e le inclinazio- ni perverse? Ho reagito ai motivi di invidia, ho dominato la gola? Sono stato presuntuoso e superbo; ho preteso di a ermare tanto me stesso, da disprezzare gli altri e preferirmi ad essi? Ho imposto agli altri la mia vo- lontà, conculcando la loro libertà e trascurando i loro diritti?
2. Che uso ho fatto del tempo, delle forze, dei doni ricevuti da Dio come i «talenti del vangelo»? Mi servo di tutti questi mezzi per crescere ogni giorno di più nella perfezione della vita spirituale e nel servizio del pros- simo? Sono stato inerte e pigro? Come utilizzo internet e altri mezzi di comunicazione sociale?
3. Ho sopportato con pazienza, in spirito di fede, i dolori e le prove della vita? Come ho cercato di praticare la morti cazione, per compiere quello che manca alla passione di Cristo? Ho osservato la legge del digiuno e dell’astinenza?
4. Ho conservato puro e casto il mio corpo, nel mio stato di vita, pen- sando che è tempio dello Spirito Santo, destinato alla risurrezione e alla gloria? Ho custodito i miei sensi e ho evitato di sporcarmi nello spirito e nel corpo con pensieri e desideri cattivi, con parole e con azioni indegne? Mi sono permesso letture, discorsi, spettacoli, divertimenti in contrasto con l’onestà umana e cristiana? Sono stato di scandalo agli altri con il mio comportamento?
- Ho agito contro coscienza, per timore o per ipocrisia?
- Ho cercato di comportarmi in tutto e sempre nella vera libertà dei gli
di Dio e secondo la legge dello Spirito, o mi sono lasciato asservire dalle mie passioni?
7. Ho omesso un bene che era per me possibile realizzare?
Calendario liturgico settimanale
29ª DEL TEMPO ORDINARIOEs 17,8-13; Sal 120 (121); 2 Tm 3,14–4,2; Lc 18,1-8Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.R Il mio aiuto viene dal Signore. 16DOMENICA LO 1ª set S LIBERAT…
Sorgente: Calendario liturgico settimanale
Omelie Domenicali …
Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde
La parola del Signore che ci invitava, domenica scorsa, a perseverare nella preghiera – Dio ascolterà coloro che perseverano nella loro preghiera – risuona ancora alle nostre orecchie mentre il testo evangelico di oggi completa l’insegnamento sulla preghiera: bisogna certamente pregare, e pregare con insistenza. Ma questo non basta, bisogna pregare sempre di più. E il primo ornamento della preghiera è la qualità dell’umiltà: essere convinti della propria povertà, della propria imperfezione e indegnità. Dio, come ci ricorda la lettura del Siracide, ascolta la preghiera del povero, soprattutto del povero di spirito, cioè di colui che sa e si dichiara senza qualità, come il pubblicano della parabola.
La preghiera del pubblicano, che Gesù approva, non parte dai suoi meriti, né dalla sua perfezione (di cui nega l’esistenza), ma dalla giustizia salvatrice di Dio, che, nel suo amore, può compensare la mancanza di meriti personali: ed è questa giustizia divina che ottiene al pubblicano, senza meriti all’attivo, di rientrare a casa “diventato giusto”, “giustificato”.
Cristo si definisce di fronte ad un mondo diviso in due: quello degli oppressori senza Dio e senza cuore, e quello degli oppressi senza protezione. Egli scopre un peccato: il peccato sociale, più forte che mai, antico quanto l’uomo; ed egli lo analizza in profondità nell’ingenuità di una parabola dalla quale trae un duplice insegnamento. Quello del clamore che sale verso Dio gridando l’ingiustizia irritante in una preghiera fiduciosa e senza risentimento, tenacemente serena e senza scoraggiamenti, con la sicurezza che verrà ascoltata da un giudice che diventa il Padre degli orfani e il consolatore delle vedove. D’altro canto, Gesù stesso prende posizione, rivoltandosi come una forza trasformatrice dell’uomo su questa terra deserta di ogni pietà, per mezzo della risposta personale della sua propria sofferenza, agonizzante, in un giudizio vergognoso, senza difesa e senza colpa. Neanche lui viene ascoltato, ma si abbandona ciecamente a suo Padre, dalla sua croce, che ottiene per tutti la liberazione. La sua unica forza viene dal potere di una accettazione, certa, ma profetica, denunciante. Ci chiede, dalla sua croce: quando ritornerò a voi troverò tutta questa fede, che prega nella rivolta?
Il Rosario
Recitare il Santo Rosario è molto semplice. Potrebbe sembrare complicato all’inizio, ma, dopo che uno l’ha recitato una o due volte, tutto diventa molto facile. Infatti è molto più difficile spiegare come si fa a dire il Rosario che recitarlo di fatto.
La parola Rosario ha due significati principali. Un significato si riferisce all’oggetto fisico (che chiameremo corona), che si compone di una serie di grani di alcuni leggermente separati dagli altri, e da grani più ravvicinati, una medaglia o crocera e una croce: l’altro importante significato si riferisce alla preghiera, per recitare la quale si usa l’oggetto stesso.
L’oggetto fisico non è indispensabile per recitare la preghiera del Rosario, ma i grani sono un’ottima guida. Inoltre la corona, se è benedetta, è un oggetto sacro, la cui presenza nella casa di qualcuno o in tasca è, in un certo senso, un aiuto allo stato di continua preghiera a Gesù per mezzo di Maria.
Quando preghiamo il Rosario, partiamo dalla croce della corona, diciamo una preghiera, quindi ci muoviamo sul primo granello e diciamo un’altra preghiera; quindi continuiamo in questo modo fino a che non siamo passati attraverso tutti i grani. (Non importa se ci muoviamo da destra a sinistra o da sinistra a destra).
Il Santo Rosario è composto da 20 Misteri della vita di Gesù e di Maria divisi in quattro serie. Essi sono: (1) i misteri gaudiosi, (2) i misteri luminosi, i misteri dolorosi, e (4) i misteri gloriosi. Dovremmo come contemplare con uno sguardo questi misteri che abbracciano tutta la vita di Gesù trasmessa dal Vangelo, il Santo Rosario infatti è una preghiera evangelica per eccellenza.
Il Papa ci raccomanda che ognuno preghi tutto il Santo Rosario (composto dai 20 misteri) ogni giorno. Chi non potesse, potrebbe recitare le rispettive serie di misteri nei giorni della settimana indicati sempre dalla recente riforma del Rosario).
Storia del mese Mariano
Incomincia nel medioevo con il tentativo di cristianizzare le feste pagane in onore della natura e della dea Maia che in onore della natura in fiore vi regnava nel rituale pagano. Evocando la Madonna, la creatura più alta, si potevano unire insieme i temi della natura e della Santa Vergine.”Fin dal secolo XII”, scrive “Cardini,” i filosofi di Chartres avevano rielaborato il concetto di natura incarnandolo in una allegoria che per molti aspetti, ricordava la Magna Mater.
Il primo ad associare la Madonna al mese di Maggio fu Alfonso X, detto il Saggio Re di Castiglia e Leon (secolo XIII), che la celebrava in Las Cantigas de Santa Maria: Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, tu luce dei santi e dei cieli via. In una cantiga dedicata alle feste di maggio, vede nella devozione a Maria il modo per coronarlo e santificarle nella gioia.
La pratica delle prime devozioni risale tuttavia al secolo XVI quando si cominciò a reagire allo spirito rinascimentale giudicato troppo paganeggiante: sicché il mese di maggio assunse anche carattere riparatore.
A Roma fu San Filippo Neri a delineare il futuro mese mariano insegnando ai giovani ad ornare di fiori l’immagine della Vergine nel mese di maggio, a cantar lodi in suo onore e a compiere atti di virtù e mortificazione.
Un secolo dopo, e precisamente nel 1677, il movimento di Fiesole, in una terra dove era vivissima la tradizione del Calendimaggio, fondò una specie di confraternita detta Comunella.“Essendo giunte le feste di Maggio”, riferisce la cronaca dell’archivio di San Domenico, e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominciavano a cantar maggio e far festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla santissima Vergine Mariax. e che non era dovere che noi ci lasciassimo superare dai secolari.
Si incominciò con il Calendimaggio, poi si aggiunsero le domeniche e infine tutti i giorni del mese. Si cantavano le litanie lauretane, s’incoronava la statua della Vergine con rose e le si offriva, alla fine del mese, un cuore d’argento. Sicchè alla “regina della Primavera” si contrappose la” regina del cielo.”
Queste pratiche fiorirono in tutta la penisola e la devozione a Maria cresceva. La formalizzazione del mese di Maggio è dovuta però al padre Gesuita Dionisi con il suo mese di Maria, pubblicato nel 1725 a Verona, dove si suggerisce di compiere le pratiche devozionali in casa o in luogo di lavoro, davanti ad un altarino della Madonna, con preghiere. rosario e litanie, fioretti e giaculatorie e con l’offerta alla fine del mese, del proprio cuore alla Madre di Dio.
Don Giuseppe Peligni, di ritorno dalle carceri napoleoniche sciolse quel voto fatto alla Madonna, ed istituì a Maggio del 1814 il mese mariano adottando il libricino del gesuita padre Alfonso Muzzarelli, dove di propri pugno aggiunge. Oggi dal 1 Maggio la madonna domina il suo popolo dalla cima di una scalinata di fiori.
MARIA NELLA NOSTRA VITA
«La presenza di Maria nella vita quotidiana del Popolo di Dio è soprattutto una presenza materna». Giovanni Paolo II
Maria, secondo il disegno di Dio, ha un’importanza ed un influsso fondamentali nella nostra vita di redenti. Ella è stata associata in modo meraviglioso alla Redenzione ed ha preso largamente parte attiva ai Misteri Divini generando Gesù nel suo seno, donandogli il Corpo e il Sangue che doveva offrire per noi e divenendo allo stesso tempo Madre di Dio e Madre nostra. Quale Ancella dell’Eterno Amore nella nostra salvezza, è la custode e la maestra delle nostre anime, ci insegna ad amare Gesù e, come suoi figli, ci tiene costantemente sotto il suo amorevole influsso.
In Lei più che in ogni altra creatura, Dio è sorgente di vita. In Lei ha profuso tutta la sua luce e tutto il suo amore perché, a sua volta, li trasmetta a noi. Si può dire che Maria è il vaso spirituale delle grazie divine fino a traboccarne, affinché, madre generosa, ce ne faccia partecipi. Anche Lei, come Gesù, nella sua misura è amore che si dona lo Spirito Santo, adombrando Maria sua sposa, produsse il suo capolavoro: il Dio Incarnato, e continua, con la sua collaborazione, a formare le membra del Corpo Mistico di Cristo. Si potrebbe anche affermare che lo Spirito Santo, più trova Maria nel nostro cuore, più diventa operante in noi.
L’influenza di Maria su di noi, essendo ella intimamente unita a Cristo Mediatore, si traduce in una preghiera sovrana ed efficace, che diventa potenza tutta protesa a realizzare in noi il Regno di Dio. Per comprendere ancora meglio l’influsso di Maria nella nostra vita dobbiamo tener presente che ella è nostra madre, che ci concepisce e genera alla vita divina analogamente alla vita che, nell’ordine temporale, ci dona la madre terrena. La sua presenza è costante e vigile sull’intera cristianità, che ella protegge nelle diverse fasi della vita così agitata, provvedendo ai suoi bisogni e rispondendo ai suoi appelli. Ella ha ricevuto da Dio un potere immenso per esercitarlo a nostro beneficio con azione forte e tenera allo stesso tempo. In modo discreto, dolce, delicato si insinua in noi per condurci a salvezza. La sua azione visibile ed insostituibile e la sua influenza materna sono una delle più sicure realtà della Chiesa Cattolica.
Maria è nelle nostre anime perché ci ama e si preoccupa per noi. No, la Vergine non è lontana da noi, isolata nel suo nimbo di gloria. La sua presenza nella nostra vita non è un fatto eccezionale, non bisogna pensare alla sua immagine troppo privilegiata, sublime e glorificata. Ella invece conosce tutto di noi, sia per divina illuminazione, sia perché ha percorso le stesse vie che noi percorriamo nel mondo. Umile, povera, perseguitata, donna del dolore, visse affinché si compisse la Redenzione e la Giustizia di Dio nei popoli. Furono poche le sue gioie, immensi i suoi dolori e conobbe la persecuzione, l’esilio, la fame. Ella superò le difficoltà della vita chinandosi umilmente al Mistero e alla Volontà di Dio.
E’ per questo che non vi è stato o condizione sociale, in cui veniamo a trovarci, dove ella non possa esserci di luminoso esempio ed aiuto.
Il Concilio Vaticano II ci stimola a porci questa domanda: Qual è il significato di Maria nella nostra vita? E risponde: Maria dev’essere una realtà per ciascuno di noi e non un ideale lontano e irraggiungibile. Se così non fosse sarebbe come falsare la dolce sua immagine di Madre di Dio e Madre nostra. Non dunque la Madre di Dio solo da venerare ed implorare nel momento della necessità, ma la Madre a noi vicina, modello e stimolo di vita cristiana.
Sforziamoci di conoscere Maria e scopriremo che è lo specchio delle attese del nostro tempo, scopriremo che le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, sono pure le gioie, le tristezze e le speranze della Madre di Gesù. Ci convinceremo anche che, se sapremo amarla ed imitarla, Maria sarà il punto di riferimento e di sostegno per percorrere con più sicurezza e gioia la nostra via terrena, perchè sarà Lei a prenderci per mano e a condurci al suo Gesù.
LA STORIA DEL SANTO ROSARIO
Il rosario, un percorso di fede e di spiritualità di un intero popolo.
La storia del Rosario si può descrivere come un cammino di fede e di spiritualità, che vede coinvolto tutto un popolo, il popolo di Dio appunto, nelle sue molteplici componenti laicali ed ecclesiali, popolari, in un rapporto stretto tra devozione popolare e cultura biblico – teologica.
L’origine della vita del rosario sembra risalire alle VIII secolo, allorquando i monaci, spesso analfabeti, come era comune a quei tempi, espressero il desiderio di poter partecipare alla preghiera della chiesa.
Non conoscendo il latino, anziché recitare tutto il Salterio, composto da 150 Salmi e cardine della Liturgia delle Ore, i monaci sostituirono a tale preghiera la recita per 150 volte del Padre Nostro. All’inizio del XII secolo avvenne, in particolare in occidente, una prima trasformazione dovuta al culto mariano, con l’introduzione della prima parte dell’Ave Maria. Un secolo più tardi il monaco certosino Enrico Kalkar sostituì definitivamente i 150 Padre Nostro con le Ave Maria, suddividendole in decine e inserendo un Padre Nostro tra una decina e l’altra.
Nel frattempo il Rosario acquistò sempre più importanza e diffusione, soprattutto grazie ad un nuovo ordine religioso mendicante, i “Domenicani”, fondato da San Domenico, considerato da alcuni il vero inventore del Rosario. Successivamente si iniziò a suddividere le 150 Ave e Pater in gruppi di 50, in ambito certosino, e si inserì un altro elemento che da allora diventerà fondamentale per la preghiera: il “mistero”. Il mistero, tratto da temi evangelici o della tradizione della chiesa permetteva e permette di penetrare i punti essenziali della storia della Salvezza attraverso il dialogo tra l’anima e Dio. Più tardi, anche per evitare una eccessiva proliferazione, nel ‘400 tali misteri furono scelti e precisati, forse da Alberto da Castello.
Nel XVI secolo, San Pio V, domenicano, attraverso la bolla “Consueverunt romani pontifices” del 1569 definì e precisò la preghiera del Rosario e, dopo la vittoria di Lepanto contro i Turchi, consacrò il mese di ottobre al rosario e il 7 ottobre quale Madonna della Vittoria, successivamente trasformata da Gregorio XIII in Madonna del Rosario. Dopo questo lungo cammino multi secolare, le apparizioni mariane sembrano confermare questa preghiera quale strumento privilegiato di dialogo tra Maria e i Suoi figli. In particolare sono da ricordare le apparizioni a Lourdes e a Fatima. In quest’ultima l’angelo insegnò ai tre pastorelli portoghesi la preghiera che attualmente si recita al termine di ogni decina.
In materia di preghiera del rosario si sono espressi ancora altri papi, con encicliche, lettere apostoliche, esortazioni ed inviti a pregare col rosario. Da ultimo Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica “Rosarium Verginis Mariae” del 6 ottobre 2002, riprendeva i temi di carattere teologico spirituale, e di tradizione mariana, integrandoli con l’inserimento di 5 nuovi misteri della vita di Gesù, chiamati “Misteri della Luce”.
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