Vangelo del giorno dalle letture della Messa (Martedì 6 Dicembre 2022) con commento comunitario

SAN NICOLA, VESCOVO – MEMORIA Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,12-14) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Che cosa vi pare? Se un uomo ha …

Vangelo del giorno dalle letture della Messa (Martedì 6 Dicembre 2022) con commento comunitario

Omelie Domenicali …

https://youtu.be/J5XEm1AfmOg

Grado della Celebrazione: DOMENICA
Colore liturgico: Verde

La parola del Signore che ci invitava, domenica scorsa, a perseverare nella preghiera – Dio ascolterà coloro che perseverano nella loro preghiera – risuona ancora alle nostre orecchie mentre il testo evangelico di oggi completa l’insegnamento sulla preghiera: bisogna certamente pregare, e pregare con insistenza. Ma questo non basta, bisogna pregare sempre di più. E il primo ornamento della preghiera è la qualità dell’umiltà: essere convinti della propria povertà, della propria imperfezione e indegnità. Dio, come ci ricorda la lettura del Siracide, ascolta la preghiera del povero, soprattutto del povero di spirito, cioè di colui che sa e si dichiara senza qualità, come il pubblicano della parabola.
La preghiera del pubblicano, che Gesù approva, non parte dai suoi meriti, né dalla sua perfezione (di cui nega l’esistenza), ma dalla giustizia salvatrice di Dio, che, nel suo amore, può compensare la mancanza di meriti personali: ed è questa giustizia divina che ottiene al pubblicano, senza meriti all’attivo, di rientrare a casa “diventato giusto”, “giustificato”.

Cristo si definisce di fronte ad un mondo diviso in due: quello degli oppressori senza Dio e senza cuore, e quello degli oppressi senza protezione. Egli scopre un peccato: il peccato sociale, più forte che mai, antico quanto l’uomo; ed egli lo analizza in profondità nell’ingenuità di una parabola dalla quale trae un duplice insegnamento. Quello del clamore che sale verso Dio gridando l’ingiustizia irritante in una preghiera fiduciosa e senza risentimento, tenacemente serena e senza scoraggiamenti, con la sicurezza che verrà ascoltata da un giudice che diventa il Padre degli orfani e il consolatore delle vedove. D’altro canto, Gesù stesso prende posizione, rivoltandosi come una forza trasformatrice dell’uomo su questa terra deserta di ogni pietà, per mezzo della risposta personale della sua propria sofferenza, agonizzante, in un giudizio vergognoso, senza difesa e senza colpa. Neanche lui viene ascoltato, ma si abbandona ciecamente a suo Padre, dalla sua croce, che ottiene per tutti la liberazione. La sua unica forza viene dal potere di una accettazione, certa, ma profetica, denunciante. Ci chiede, dalla sua croce: quando ritornerò a voi troverò tutta questa fede, che prega nella rivolta?

stud. giorgia

Qual’ è secondo te, la base biblica della fede della Chiesa in Dio uno e trino?

Qual è la base biblica della fede in Gesù vero Dio e vero uomo o Figlio di Dio fatto uomo?

È estremamente importante quando leggiamo la Bibbia, capire il senso delle parole secondo quello che Dio intende. Ogni parola infatti può avere più significati; similmente la parola fede, nella Bibbia vuol dire una cosa, ma nella società di oggi ne vuol dire un’altra.

Nella Bibbia avere fede in Dio vuol dire accogliere veramente Dio nella propria vita come Signore e Sovrano confidando il Lui in tutto. Diversamente nel mondo di oggi, si pensa che credere in Dio significhi accettare intellettualmente delle verità intorno a Lui, pur senza seguirLo totalmente.

Dobbiamo ricordare però che Dio è molto rigido nel dichiarare che non esiste verità al di fuori della verità che Lui ha dichiarato nella Bibbia. Gesù Cristo afferma che è impossibile arrivare al Padre se non per mezzo di Lui.

Allora per poter capire qual è la vera fede della Chiesa, dobbiamo riuscire ad ascoltare attentamente quello che dichiara la Bibbia, non quello che dichiarano gli uomini.

Dio ha guidato gli autori della Bibbia ad usare questa parola “ekklesia”, per indicare l’assemblea di coloro che hanno veramente ricevuto la salvezza per mezzo della fede in Gesù Cristo.

Secondo la Bibbia, Cristo è il capo della Chiesa. Perciò chi è veramente membro della Chiesa segue Cristo come capo, perché Egli è: il Figlio di Dio, ma che significa questa proclamazione che è il nucleo della fede e dell’annuncio cristiano.

Nei loro scritti, gli Apostoli e gli Evangelisti enunciano e illustrano questo mistero perché ogni uomo a cui giunge il Vangelo possa accogliere Gesù come il Signore e il Salvatore della propria vita: essi insegnano che Gesù è il Verbo che era presso Dio fin da Principio, e che è Dio; per mezzo di Lui è stato creato tutto ciò che esiste, perché in Lui è la vita (cfr. Gv 1,1-4).

Ebbene questo verbo si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), abbracciando così la nostra condizione di natura decaduta: infatti Egli «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò sè stesso, assumendo la condizione di servo e diventando simile agli uomini» (Fil. 2,6-7).

La testimonianza degli apostoli è dunque il fondamento della fede della Chiesa. Essi ci hanno trasmesso le sue parole e i suoi gesti, e la loro conoscenza di Lui. Lo hanno sentito affermare: « quando avrete innalzato (sulla croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che lo sono» (Gv 8,28), usando così una formula che riproduce l’indicibile nome di Dio, Jahvè (= Io sono Colui Che Sono)(Gn 3,14); lo hanno sentito uguagliarsi a Dio Padre, dicendo «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30); sanno che prima di essere in questo mondo, Egli preesisteva nell’eternità, come ha detto nel congedarsi da loro: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre» (Gv 16,28); hanno assistito meravigliati al suo insegnamento, nel quale Egli “corregge” i precetti dell’Antica Alleanza «Avete inteso che fu detto agli antichi … ma io vi dico …» (Mt 5,21.27.33.38.43) e ne da uno nuovo (Gv 13,34); essi, sono testimoni dei grandi miracoli e segni con cui Dio lo ha accreditato presso gli uomini come Figlio suo (cfr. At 2,22), il più eloquente dei quali è la sua stessa risurrezione da morte.

Con altrettanta certezza sanno che il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo: Egli nasce da una donna (cfr. Gal 4,4) e da essa riceve una natura umana come la nostra; compie l’itinerario dell’infanzia secondo le prescrizioni della legge e dei costumi del suo tempo come ogni israelita (Lc 2,21-52); il suo corpo prova la fame (cfr. Mt 4,2), la sete e la stanchezza (cfr. Gv 4,6-7) come ogni uomo; la sua anima vive tutta la gamma delle emozioni: gioiose (cfr. Lc 10,21) e si rattrista (cfr. Gv 11,35), la meraviglia (cfr. Mc 6,6) e lo sdegno (cfr. Mt 21,12), la tenerezza (cfr. Mc 10,13) e la rabbia (cfr. Lc 12,37 e ss.); infine sperimenta il dolore fisico e spirituale della morte.

Per concludere io penso che per capire veramente fino infondo questo mistero di fede, ciò di cui abbiamo bisogno è che si realizzi anche per noi e per ogni uomo la promessa del profeta Isaia: «la Vergine concepirà un Figlio che sarà chiamato “Emmanuele”, che significa: Dio-con-noi» (Is 7,14 in Mt 1,23).

articolo scritto dalla catechista

Giorgia benedetti

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