Quanto amo la ricchezza, Signore!
Amo il benessere, il divertimento, il consumismo.
C’è sempre un’ultima generazione di prodotti da dover possedere.
Sono nato in questo mondo opulento e ovattato,
in questo tempo in cui tanti desideri sono a portata di mano.
Sono davvero tutti sbagliati, Signore?
Le tue parole sono perentorie: o Dio o la ricchezza.
Non si può esser servi in contemporanea di due padroni così diversi.
Forse è questione di prospettiva:
chi mira alla ricchezza ha uno sguardo limitato
perché guarda soltanto alla propria vita;
chi mira a Dio vede molto più lontano,
dove la solidarietà conta e il tempo è eterno.
Chi vede lontano intuisce che un giorno, forse più vicino del previsto,
i poveri pretenderanno la loro fetta della torta delle risorse terrestri,
i giovani rivendicheranno il diritto di riprendersi il futuro,
gli onesti si solleveranno contro ogni tipo d’ingiustizia.
Ben prima che ce lo chieda tu,
il mondo stesso ci chiederà il conto delle nostre ricchezze.
Se sono nate dalla corruzione, dalla menzogna, dal privilegio,
qualcuno avrà ragione ad additarci come sanguisuga dell’umanità.
Se sono nate dal lavoro costante e corretto,
ma sono rimaste impigliate nelle sole nostre mani,
saranno più difficili da abbandonare nel momento del distacco.
Se sono state offerte e condivise,
saranno un tesoro di riconoscenza e gioia
nel fiorire delle vite concrete di chi ne ha beneficiato.
Se poi avremo imparato dalla tua Parola
a nascondere agli occhi umani la nostra mano generosa
sapremo che il tesoro sarà presso di te,
e nessuno ce lo potrà mai portare via.
Servi di Dio o della ricchezza?
Leggendo il Vangelo di Luca non possiamo aver dubbi: per Gesù la ricchezza è pericolosa e malvagia. «Guai a voi, ricchi perché avete già la vostra ricompensa» (6,24); «Quant’è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio» (18,24-25); «Ha rimandato i ricchi a mani vuote» (1,53); «A quelle parole divenne molto triste, perché era molto ricco» (18,23). Il contesto sociale del territorio dove Gesù operava presentava una larghissima differenza tra pochi ricchi – spesso disonesti – e la maggioranza che viveva dello strettissimo necessario, alla mercé dell’insicurezza naturale legata ad agricoltura, pesca e pastorizia, e delle richieste esose del potente di turno.
Il progresso umano ha consentito, specie nell’ultimo secolo, di allargare le possibilità economiche a gruppi sempre più ampi di esseri umani. Un Dio che è Amore non può dispiacersi di tutto ciò. Tuttavia dovremmo sempre chiederci se con le nostre scelte stiamo seguendo e servendo Dio oppure la ricchezza. Se il nostro obiettivo è l’accumulo di beni o di affetti, di piacere personale o di amore reciproco. Se tutto quello che possediamo ci è veramente necessario, oppure potrebbe essere più utile a qualcun altro.
Se poi dovessimo accorgerci che il nostro guadagno nasce dalla diso-nestà, dalla violenza, dall’ingiustizia, allora sarebbe doveroso il cam-biamento, per il rispetto della vita dei nostri fratelli, dei nostri figli, del-la nostra stessa dignità. La corsa alla ricchezza nella storia ha spesso avuto il potere di distruggere l’umanità. Non dimentichiamolo mai.
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